IL CASO Cassazione sulle piante in casa
Cannabis, si fa sentire il fronte di chi dice no
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Che ci siano paletti nella sentenza della Cassazione sulla cannabis cresciuta in casa poco importa. Il messaggio suona forte e chiaro: «Ed è che il consumo di cannabis, cioè di droga, è consentito», dicono allarmati alla comunità di San Patrignano.
Cannabis, il fronte del no «Si tenta di legalizzarla»
Comunità ed esperti in rivolta: «Così la Cassazione confonde i ragazzi» Centrodestra compatto: no alle derive
VIVIANA
DALOISO
Che ci siano paletti – e «molti», come è stato scritto in queste ore da più parti quasi a voler ridurre l’impatto della sentenza della Cassazione –, che la cannabis cresciuta sul terrazzo di casa o in cucina sia fumata «soltanto da chi l’ha coltivata» o che la coltivazione in questione sia stata effettuata «con tecniche rudimentali », per un consumo «modestissimo », poco importa. Quando gli ermellini si pronunciano a sezioni unite, il messaggio che passa alla società civile suona forte e chiaro: «E in questo caso è che il consumo di cannabis, cioè di droga, è consentito. Basta procurarsela e consumarla da soli, tra le mura della propria abitazione». Nella comunità di San Patrignano, dove ogni anno entrano oltre 400 ragazzi devastati dal consumo di sostanze (il 95% dei quali ha cominciato proprio dalla cannabis), la pronuncia della Suprema corte è una ferita tanto inaspettata quanto insopportabile.
Le comunità contro. «Facciamo prevenzione, è lo Stato a chiedercelo, ogni anno incontriamo decine di migliaia di giovani e giovanissimi a cui ripetiamo che la cannabis è droga, che drogarsi rovina la vita – spiega il responsabile terapeutico della comunità di recupero di Coriano, Antonio Boschini –. Poi, un pezzo di Stato fondamentale come la magistratura ci dice improvvisamente il contrario: che la droga è innocua, che in fondo si può fare, basta non spacciarla o produrne per altri. Lo dico con franchezza, siamo spiazzati. Ci rendiamo conto che la pressione gigantesca per la liberalizzazione della cannabis è ormai arrivata a intaccare anche le istituzioni. E ci sentiamo come dei folli che, su una barca piena di buchi, cercano di buttare fuori l’acqua coi secchi». Peccato che in balia dell’epidemia della droga ci siano i più fragili, cioè i ragazzi: un esercito di vittime, sulla strada (con gli incidenti ormai all’ordine del giorno causati proprio dal consumo di alcol e sostanze), nei pronto soccorso (dove s’è registrata negli ultimi due anni un’impennata di accessi per intossicazione da cannabinoidi), nei tribunali (quelli dei minori continuano ad emettere sentenze di allontanamento di adolescenti da genitori tossicodipendenti a causa della loro incapacità educativa), nelle scuole persino (dove uno su tre ammette candidamente di aver fatto consumo di cannabis).
Scienziati e giuristi. Comunità di recupero a parte – compatte nelle critiche alla Cassazione, dalla Papa Giovanni fino a Incontro e alla Fict – sull’impatto culturale della sentenza sui giovani insistono anche scienziati e giuristi. Tra i primi, va registrata la perplessità di un luminare come il farmacologo Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto Mario Negri Irccs: «L’Italia manda un cattivo messaggio, che non giova all’educazione che dovremmo dare ai giovani su pericoli della droga. Che riguardi la cannabis o qualsiasi altra sostanza, questo continuo cambiare le leggi, allargando o stringendo le maglie a seconda dei casi, dà veramente una cattiva impressione». Non viene inoltre indicato «nulla relativamente ai dosaggi – osserva Garattini –, nel senso che oggi ci sono varietà di cannabis che possono contenere dallo 0,50 fino al 20% di tetraidrocannabinolo ( Thc). Dipende dal tipo di varietà che si coltiva, ma il pericolo esiste sempre. La cosa più grave è che è un messaggio sbagliato, e i recenti casi di cronaca confermano quanto sia importante, invece, essere chiari sui pericoli di tutte le droghe». Durissimo anche il giudizio dei giuristi, degli avvocati e dei costituzionalisti del Centro studi Livatino: «La sentenza della Cassazione sulla cannabis è dissociata dalla realtà e suona ipocrita, negli stessi giorni in cui si piangono vittime innocenti dell’aumento della diffusione della droga, voluto da leggi antiquate e stolte, da una giurisprudenza creativa e dall’indifferenza dei più». I dati di realtà a cui fanno riferimento i giuristi, per altro, sono quelli enunciati dalla Relazione al Parlamento del Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio che a inizio dicembre ha offerto un quadro drammatico dei consumi e delle morti per droga (+ 12,8%) in Italia. E preoccupati e critici sono anche i rappresentanti del Movimento italiano genitori: «Come madri e padri vogliamo sottolineare il messaggio devastante che arriva ai giovani: con la legalizzazione della coltivazione domestica si avrà certamente un aumento dei consumi ed un calo di percezione della pericolosità di questa droga» sottolinea il direttore generale del Moige Antonio Affinita. «Ancora una volta in Italia dei giudici si rendono protagonisti di una giurisprudenza creativa, che scavalca il legislatore e il diffuso sentire degli italiani» è invece il giudizio del leader del Family Day Massimo Gandolfini.
Lo scontro politico. Anche la politica è in subbuglio. Dopo le prevedibili reazioni a favore del Movimento 5 stelle (che si era impegnato appena prima di Natale in una battaglia per la legalizzazione della “cannabis light” in Parlamento), con +Europa, Leu e i radicali sulla linea oltranzista della “marijuana libera subito”, ieri è stato il giorno della rivolta del centrodestra, con Antonio Tajani in prima linea per Forza Italia e Matteo Salvini per la Lega («La droga fa male, altro che coltivarla in casa »). Per Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia «la sentenza lascia allibiti», secondo il senatore Udc Fabio De Poli si tratta di una «follia diseducativa». Mentre, unica voce davvero critica a sinistra, per Stefano Pedica del Pd «non ci sono droghe di serie A e B. Sono tutte pericolose ed è assurdo che qualcuno dica che si possono coltivare in casa».
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LA SENTENZA
La nota durissima di San Patrignano, dove il 95% dei ragazzi ha iniziato a distruggersi proprio con le “canne”: «Siamo spiazzati. Lo Stato ci chiede di fare prevenzione e adesso dice che la droga non fa male». Garattini: «Cattivo messaggio»
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