20 luglio 2014 -XVI T. O./A Omelia/ appunti
al centro la riflessione sulla parabola della zizzania e non solo come simbolo di chiacchiere, maldicenze, falsità
ma nel significato principale di attesa fiduciosa e operosa della cernita finale (come per la rete gettata nel mare). Mettere in luce un chiaro insegnamento sull’esistenza, il valore, l’importanza della vita eterna intesa nel modo più semplice possibile, di una vita (la nostra, la mia) nell’eternità. Reale, infinita, per sempre, mia, nostra, bella o brutta a seconda del nostro comportamento morale.
Una vita infinita conseguenza della nostra vita quotidiana (azioni, propositi, progetti, priorità, omissioni…) vissuta nell’osservanza piena e cristiana (con le beatitudini) dei Comandamenti, che sono ancora 10, né più né meno. Noi stessi siamo seme gettato che deve crescere per l’eternità.
Certamente la liturgia di oggi, con la prima lettura dal libro della Sapienza non incoraggia affatto una morale becera, triste e piagnona: ricorda infatti la bontà e misericordia, indulgenza, vorrei dire magnanimità di Dio onnipotente, Padre ed educatore paziente del suo popolo.
Ma a me sembra che il nostro livello morale, oltre che cristiano, con il pretesto della misericordia di Dio, si sia troppo abbassato e che l’impegno costante e sistematico nella formazione delle persone cristiane è insufficiente. Nella chiesa, nel catechismo, nella famiglia, nella scuola, nella vita pubblica… Siamo caduti troppo in basso!
Questa parabola è un invito alla serietà dell’impegno, alla pazienza e alla misericordia reciproca, in un serio cammino di santità.
Non "da soli" ma con e per la forza dello Spirito.
C’è dunque un dopo, una fine (non importa se fisica o non, del mondo materiale) una fine che significa “redde rationem”: saremo giudicati delle nostre azioni, Dio non paga subito ma un giorno arriverà il suo premio o il suo castigo.
E Dio non dà solo il premio: come diciamo vilmente nelle omelie funebri quando noi (e con quale diritto?) assolviamo tutto e tutti e sempre, proni a quanto stampa, media, moda, condannano… sempre e comunque contro gli altri, sempre parlando di diritti e mai dei doveri...
Dovremmo fare il contrario: perdonare intelligentemente i vivi, aiutando a redimersi e redimerci insieme, insegnando anche a temere il giudizio eterno e definitivo di Dio su chi non lo ubbidisce e non lo ubbidiamo. E insegnando a pregare ed espiare e riparare con buone opere quanto di male è stato compiuto. Da noi e da altri.
Dunque: vita eterna e vita morale (ri)collegate; premio e castigo di Dio; pazienza e misericordia di Dio e nostra; non approfittarsi infantilmente della bontà di Dio e del prossimo; non condannare definitivamente la persona ancora vivente, cui Dio dona la vita proprio per una crescita, ma coraggiosamente rivelare, svelare, il marcio e l’imperfetto presente in me e negli altri. Specialmente - ma non solo - nei confronti dei potenti, dei ricchi, dei sapientoni, dei tanti cattivi maestri, dei media immediati…
Quanta zizzania è presente nella vita nostra di ogni giorno.
Seminata nella notte, mentre dormiamo… Seminata dal diavolo.
Dunque svegliamoci! Dunque preghiamo! C'è anche un nemico, più forte e più "intelligente" di noi. Ma è lo Spirito che ci dà forza! Guai ad un (orgoglioso) cammino solitario, con le sole nostre forze! E' l'orgoglio "umanista", "antropocentrico", "induista-buddista"... (ma solo Dio sa e legge nel profondo: noi giudichiamo le "idee"). Attenzione a non diventare dei falsi religiosi, dei "cristiani-atei"...
Strappare il male attivamente, intelligentemente: non siamo noi chiamati alla mietitura finale ma alla semina, alla coltivazione premurosa e intelligente r fiduciosa… Prima che sia troppo tardi.
Non c’è fatalismo neanche qui. La vita di fede non può essere l’attesa della morte pigra e… sfiduciata! Anzi per quanto possiamo dobbiamo darci da fare per detergere il più possibile ogni macchia di ingiustizia contro Dio e contro il prossimo… Trafficando e mettendo a frutto i talenti che il Signore ci ha donato per il bene nostro e dei fratelli: chi più ha più deve dare ed investire.
Dobbiamo usare l’intelligenza per imparare ogni giorno a fondere, come Dio fa... da sempre, giustizia e carità, misericordia e coerenza: dobbiamo partire sempre dalla speranza perché con il suo modo di agire Dio “ha insegnato al suo popolo che il giusto deve amare gli uomini”.
Deve esserci simpatia, per forza e sempre… Il giusto deve amare gli uomini!
Vorrei aggiungere quasi che un principio così non si è mai sentito dire così chiaro!
Simpatia! Se no non sei giusto! Con tutto il significato che questo aggettivo ha nell’Antico Testamento.
Simpatia e pazienza attiva.
Così il piccolo seme può diventare albero. Così il lievito può trasformare tutta la massa. Avere la pazienza e la costanza di piantare e lievitare, fiduciosi in Dio…
Allora Papa Francesco così fa scuola! È un testimone di attività fiduciosa, attenta, generosa, dolce e forte. Allora la Chiesa non è scompare ma cammina, naviga, in un deserto faticoso, un mare sempre in tempesta.
E' questa la conversione pastorale alla quale tutti, tutti, siamo chiamati
â–ºAltri spunti
La parola di Dio rischia di essere sommersa, sotterrata, sepolta, da una marea di aforismi, SMS sapienziosi, giochi di parole e di protagonismo… Dopo il silenzio, dopo la preghiera, dopo l’ascolto e lo studio della parola di Dio -in chiesa e a casa o chissà dove- aiutiamo, come è nostro dovere, tutto il mondo a camminare alla luce di Dio, quel Gesù nostro Maestro, Luce ed Unico Salvatore del mondo…