VI Domenica di Pasqua
Abbiamo ascoltato anche questa domenica, prolungamento della Pasqua, la parola di Dio, tutta e sempre ricca di insegnamenti.
Inizierò il commento partendo dal brano del Vangelo che abbiamo letto, innanzitutto per ringraziare il Signore che ci ripropone di nuovo l'invito a vivere nella sua pace: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace".
Se ascoltate la mia voce - dice Gesù - mi amate e anche il Padre mio che è nei cieli vi ama. Gesù non si stanca di parlare del cielo, di Dio e del suo mistero di amore: non stanchiamoci neanche noi di continuare a seguire e ad ascoltare queste sue parole di cielo. Anzi prepariamoci con gioia e gratitudine a celebrare l'Ascensione del Signore e la Pentecoste del suo Spirito, Domenica prossima e l'altra ancora... Dimentichiamo un po' noi stessi per immergerci in Dio. E ritroveremo di più anche noi stessi. E ci ritroveremo messi a nuovo!
Gesù continua a parlarci di Dio: perché proprio per questo Egli è venuto, per rivelare a noi il volto di Dio e portarci sempre più vicino a Lui, che è già in noi quasi nascosto. E di Lui noi abbiamo bisogno più che di noi stessi.
Perché Dio - quello che Gesù ci fa conoscere - prima di essere Colui che dà i comandamenti è innanzitutto Padre, misterioso, trinità, Spirito... che ci rende felici di seguirlo, capaci di ringraziarlo dal profondo del cuore.
Agli Apostoli e ai discepoli che lo ascoltano, sicuramente tristi perché si sentono come abbandonati, "vado al cielo", Gesù rivolge un amabile rimprovero: -Dovreste rallegrarvi perché torno al Padre... non avete ancora capito... il mio ritorno al Padre è una festa! Probabilmente anche gli Apostoli e i discepoli, come noi!, avrebbero preferito sbrigativamente continuare a vedere Gesù così, 'semplicemente uno di noi'... ma Gesù è venuto per tenerci svegli, con la porta aperta, la finestra della mente spalancata per contemplare il cielo, Dio, il mistero di Dio, il Padre adorato ("sia santificato il tuo nome..." dalle cose visibili alle invisibili).
Gesù ha accettato di esporsi, di metterci la faccia, di sporcarsi le mani... con l'avventura terrena dell'Incarnazione. L'ambivalenza comunicativa è sempre in agguato e rischia di velare il mistero di Dio invece di svelarlo. Il rischio è sempre presente in tutto il nostro processo conoscitivo. Anche nella vita di fede... quando ci fermiamo "soltanto" su certi aspetti terreni, soltanto "umani" e dimentichiamo quel mistero che è presente in Cristo Gesù vero uomo e vero Dio. ("Non è il figlio di Giuseppe?"... "Certo voi mi conoscete...").
Dio abita nei nostri cuori, è presente in noi con il suo Spirito... ma non ce ne importa gran che, siamo insensibili, è come un altro... mondo e pensiamo:
- Dio? Che COSA è? A che serve? Chi ha mai visto Dio, il suo spirito?
Gesù, il Maestro, non si stanca: è venuto principalmente proprio per questo, per farci conoscere il vero Dio, per poterlo amare e, con Lui, amare i fratelli (e noi stessi!). Non schiavi che ubbidiscono, ma figli, amici che conoscono le confidenze del Padre. Rivelate da Gesù.
Tuttavia la bontà e la misericordia di Dio e la nostra umile sapienza ci ricordano che ogni nostra conoscenza, anche di Dio, sempre si appoggia sul volto, le parole, la "materialità" della vita di Gesù. "Attraverso" di Lui, via verità e vita, possiamo avvicinarci a Dio.
E ringraziamolo dal profondo del cuore, proprio per questo dono della Santa Liturgia domenicale che mantiene vivi in noi questi sentimenti, questi orizzonti, queste verità, questa luce del nostro destino. Certo poi il lavoro, le preoccupazion, la fretta, ci annebbieranno un po' l'orizzonte e dimenticheremo un po' anche le cose più belle... ma umilmente accettiamo questa nostra limitatezza, la nostra condizione umana, ed anche il Signore lo sa. Ma ricominceremo sempre, ogni Domenica, il nostro cammino.
La Parola di Dio ci fa scoprire anche che non solo noi abbiamo difficoltà: ne troviamo anche alle origini della storia della nostra chiesa. La prima Lettura, ambientata nella Siria (così martoriata in questi giorni...) ci porta ad Antiochia di Siria, dove i cristiani erano già abbastanza numerosi. E vediamo che anche essi avevano le loro difficoltà. E scopriamo pure che sono molto simili alle nostre.
Come mettere insieme culture diverse? Ecco una fotografia che il Signore ci dona nella Sacra Scrittura, per aiutarci anche oggi a seguire il suo Spiirito.
Come affrontano la difficoltà questi nostri fratelli primi cristiani? Quale esempio ci lasciano? Discutono, si confrontano e poi interrogano la Chiesa madre di Gerusalemmme. Anno 49 d.C., è il primo, cosiddetto, Concilio degli Apostoli. Neanche 20 anni dopo la vicenda terrena di Gesù. Un Concilio. Noi pure viviamo alla luce di un più recente Concilio, il Vaticano II, di cui celebriamo i 50 anni nell'anno della fede. Celebriamo e soprattutto riviviamo, si spera.
C'erano cristiani di varia estrazione, di origine ebraica, di cultura greca, romana, asiatica, africana... un po' come anche oggi nel nostro mondo globalizzato, anche religiosamente. E la difficoltà è sempre quella... come andare d'accordo specialmente quando qualcuno si ritiene sempre più bravo e intelligente e più meritevole degli altri... Io sono l'unico più bravo, tutti dovete fare come me. Oppure perché "si è fatto sempre così", senza capire motivazioni, cambiamenti, sviluppi.
Nelle piccole e nelle grandi comunità.
Questi primi cristiani si riuniscono, pregano lo Spirito Santo, prendono delle decisioni. Scrivono anche una lettera per tutte le comunità: -Siate accoglienti, si impongano solo cose necessarie, si cerchi la concordia, non l'uniformità.
La lettera viene diffusa, molti l'accolgono bene, qualcuno continua a mugugnare fino ad oggi... Perciò dobbiamo sempre pregare lo Spirito del Signore perché ci aiuti a vivere in verità, a riconoscere lo spirito della vita e dell'insegnamento di Gesù.
Con la discesa dello Spirito Santo la assenza di Gesù (piena di comprensibile nostalgia) si deve trasformare in una forma di presenza più profonda, più reale. E' la presenza che alimenta la nostra vita, il cammino iniziato con il Battesimo e che, si spera, continua giorno per giorno, almeno la Domenica. "Finché giungiamo alla statura di Cristo, ... perfetti come il Padre che è nei cieli"... Camminare, crescere, svilupparsi.
Il traguardo del nostro cammino, la cui predicazione purtroppo è generalmente trascurata, ci viene riproposto e descritto nella seconda Lettura, con i simboli meravigliosi del libro dell'Apocalisse. E bisogna intenderci!
Già la parola "Apocalisse" può portarci fuori strada perché anche questo dono del Signore è stato rovinato, travisato da chi ignora i libri sacri e da chi sembra capire solo i soldi e la sensazionalità di film, libri, immagini tenebrose...
Questo libro dell'Apocalisse, invece, è stato scritto per incoraggiare non per impaurire i nostri fratelli delle prime generazioni, già tribolati e perseguitati.
Il brano di oggi è come la Televisione di Dio: ci dà immagini del Paradiso, la nostra speranza finale, il nostro Traguardo. La città Santa del cielo, Gerusalemme, è inondata di luce non del sole o della luna ma di Dio stesso, luce infinita e indefettibile. E tale città è ben salda, fondata sugli Apostoli di Gesù, la Chiesa apostolica, costruita con colonne di meraviglioso cristallo, di pietre preziose, con al centro l'Agnello immolato, vincitore risorto.
Questa speranza ci rinforza nel nostro cammino settimanale, un cammino orientato, non un cammino come di condannati a morte, di disperati, di disorientati, ma il cammino verso il volto luminoso di Dio.
Il Signore è in mezzo a noi, ci aiuta a rinnovare il nostro impegno. Anche il prossimo pellegrinaggio a Loreto ne è segno ed aiuto.
E così sia!